Rischi e limiti dell’assegno postdatato

In Italia la pratica consistente nell’emissione di assegni postdatati è ancora molto diffusa, soprattutto in ambito commerciale. In sostanza, quello che frequentemente accade, è che chi è sprovvisto del denaro necessario ad affrontare una spesa consegni al creditore un assegno sul quale viene apposta una data futura rispetto a quella di emissione dello stesso, rinviando, così, il momento dell’effettivo pagamento di merci o servizi. Il beneficiario, a sua volta, riceve un titolo a garanzia del proprio credito, da utilizzare nel caso in cui il debitore non adempia la propria obbligazione entro il termine convenuto.

E’ ormai risaputo, tuttavia, che l’assegno postdatato è illegittimo, benché a partire dal 1999 non dia più luogo ad un illecito penale. L’assegno, infatti, è uno strumento di pagamento e non un titolo di credito e l’apposizione di una data successiva alla sua emissione lo trasforma in qualcosa che non è, ovvero in una cambiale, evadendo però il pagamento della relativa imposta di bollo. Pertanto, ai sensi dell’art. 31 Regio Decreto 1736 del 21/12/1933, il creditore in possesso di un assegno postdatato potrà recarsi subito presso l'istituto di credito per richiederne l'immediato pagamento, senza dover attendere la data indicata nel titolo. Tuttavia, per poter effettivamente incassare la somma, egli dovrà prima procedere alla regolarizzazione fiscale dell’assegno. La banca, inoltre, avrà anche l’obbligo di segnalare all’Ufficio del Registro colui che lo ha emesso, per evasione dell’imposta di bollo.

Ma quali sono le conseguenze della postdatazione sul piano giuridico?

Sul punto si segnala il principio fondamentale espresso in più di un’occasione dalla Suprema Corte di Cassazione, in base al quale “l’emissione di un assegno in bianco o postdatato è contraria alle norme imperative (all’ordine pubblico e al buon costume sancito dall’art. 1343 c.c.) contenute negli artt. 1 e 2 R.D. n. 1736/33 e pertanto, se consegnato al fine di garanzia del debito, rende nullo il sottostante patto” (così, fra le tante, sentenza n. 10710 del 24/05/2016).

Ciò significa che ad essere viziato da nullità non è l'assegno postdatato in quanto tale, ma soltanto il patto di garanzia (c.d. "patto di non presentazione") stipulato tra le parti. La ratio di tale orientamento è stata individuata nella natura di semplice mezzo di pagamento propria dell’assegno bancario, natura che non può essere discrezionalmente modificata per volontà contrattuale delle parti.

Da tale principio la giurisprudenza ha fatto derivare anche la legittimità del protesto contro un assegno bancario portato all'incasso dal creditore violando il patto di garanzia concluso con il debitore.

La Suprema Corte ha, inoltre, rilevato che pur non essendo utilizzabile direttamente come titolo esecutivo – mediante notifica del precetto e avvio dell’esecuzione forzata -, l’assegno postdatato configura una promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 c.c. e potrà quindi servire ad ottenere un decreto ingiuntivo contro il debitore.

In conclusione, è evidente come l’emissione di assegni postdatati sia una pratica da evitare: mentre chi riceve la cambiale non potrà incassarla prima della sua scadenza, l’assegno postdatato non fornisce alcuna garanzia in tal senso!

Avv. Greta Pesarico