La separazione dei coniugi fondata sulla intollerabilità della convivenza

Che cosa si intende per "intollerabilità della convivenza", presupposto indicato dall'articolo 151 del Codice civile per poter accedere alla separazione giudiziale tra i coniugi? A far data dalla riforma del diritto di famiglia, con la legge 19 maggio 1975, l'articolo in parola è mutato radicalmente, passando dall'elencazione di fatti che ammettevano alla richiesta di separazione (volontario abbandono, eccessi, sevizie, minacce o ingiurie) a un'impostazione più soggettivistica. L'intollerabilità della convivenza, infatti, coincide con la scomparsa della volontà di vivere insieme, a prescindere dalla presenza, o meno, di comportamenti dell'uno o dell'altro coniuge che possano ammettere alla separazione con addebito. Anche giurisprudenza e dottrina, nel tempo, si sono adeguate a tale nuovo approccio; così, con la sentenza 16 febbraio 2012 n. 2274, la Corte di Cassazione ha chiarito che l'intollerabilità della convivenza non presuppone necessariamente un conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ma può configurarsi anche nel caso in cui una sola delle parti sia arrivata a ritenere impossibile una comunione di vita. In tal modo si è passati da una tesi garantista dell'unitarietà della famiglia ad un orientamento personalistico a tutela dell'individuo, che guarda al matrimonio come un rapporto fondato sul persistente accordo dei coniugi (cfr Cassazione, sentenza n. 1164/2014).

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Studio Cataldi - separazione dei coniugi